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Cyber Lex è una società di servizi specializzata nella cancellazione di TUTTE LE NOTIZIE che ti riguardano dai motori di ricerca: gli avvocati ed i webmaster di Cyber Lex eliminano le notizie di reato obsolete, false, inesatte e diffamatorie – parliamo di CANCELLAZIONE TOTALE E DEFINITIVA di tutte le notizie dalle ricerche del nome Tuo o della Tua azienda. Non cancellare “un link alla volta”, affronta questo problema con serietà. Se vuoi sistemare la Tua reputazione DEFINITIVAMENTE devi cancellare tutte le informazioni indesiderate dalle ricerche Google, Bing, Yahoo!, elimina notizie ed informazioni personali. Richiedi l’intervento degli esperti:

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Diritto all’oblio e deindicizzazione: qual è la correlazione?

Il diritto all’oblio e la deindicizzazione sono due aspetti legati a doppio filo anche per chi vuole cancellare notizie da internet. La materia è abbastanza complessa e, inoltre, è recente: solo ed esclusivamente negli ultimi anni si sta parlando di diritto all’oblio, di rimozione di dati personali sul web, conseguentemente allo sviluppo tecnologico, giunto ormai a livelli elevati.

Nel momento in cui cerchiamo delle parole chiave specifiche – per esempio il proprio nome – sul motore di ricerca, vengono rimandate delle pagine specifiche, che si trovano in alcuni siti internet: blog, testate giornalistiche. Che cosa succede se non volessimo assolutamente che quei risultati vengano mostrati?

Possiamo appellarci ai motori di ricerca, quali Google, Yahoo o Bing. Nel momento in cui dovessero rigettare la richiesta, abbiamo il supporto del Garante della Privacy. Ma attenzione: i risultati vengono deindicizzati, ma non cancellati dal sito in cui sono presenti. L’archivio giornalistico, dunque, è protetto dal diritto di cronaca o di informazione, contrapposti al diritto all’oblio (https://www.garanteprivacy.it/regolamentoue/oblio

Notizie deindicizzate ma non cancellate: cosa significa?

Le notizie, dunque, vengono solo deindicizzate dai motori di ricerca: che cosa significa? Che rimangono nell’archivio giornalistico, dove non possono essere rimosse, a meno che non siano infondate e irrispettose. A offrire un chiarimento in tal senso è l’ordinanza del 19 maggio 2020 della Corte di Cassazione, n. 9147. La stessa Corte ci spiega che “il trascorrere del tempo, ai fini della configurazione del c.d. diritto all’oblio, si configura quale elemento costitutivo”, soprattutto se le notizie ormai sono state dimenticate o ignote alla generalità dei consociati. L’informazione, in ogni caso, non può essere quasi mai cancellata: rimane online, sì, anche se comunque non si può rintracciare mediante le parole chiave specifiche, come per esempio il nome dell’individuo.

Non si censura, ma si rispetta la democrazia

La censura è un aspetto che non può coesistere in un paese democratico che supporta nella propria costituzione il diritto alla cronaca. Il diritto all’oblio e l’archivio giornalistico, dunque, sono due aspetti che possono scontrarsi. La legge, da questo punto di vista, tutela ambedue gli aspetti. Avviene una sorta di bilanciamento: da una parte si rispetta l’individuo, dall’altra l’interesse pubblico. 

Bisogna trovare dunque un punto di incontro, fondamentale per rispettare i diritti di tutti. Non sempre è facile ed è per questo motivo che esiste il Garante della Privacy e per cui le sentenze non sono quasi mai definitive, ma possono sempre essere riprese per comprendere come venire incontro a tutti. 

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Questi sono i suggerimenti Google per rimuovere informazioni personali dal motore di ricerca

Cosa ci suggerisce Google per eliminare le nostre informazioni personali dal motore di ricerca? Scoprilo leggendo questo articolo. 

Capita a tutti di accorgersi che ci sono informazioni personali all’interno di un motore di ricerca o su di una specifica pagina web e di volerle cancellare. A volte pubblichiamo i nostri dati personali senza neanche accorgercene, autorizzando ogni tipologia di applicazione o inserendoli noi stessi in modalità pubblica su uno o più social network e da li ci vuole un attimo per vederli diventare di dominio pubblico. Google ci fornisce qualche indicazione su come rimuovere le nostre informazioni personali dal motore di ricerca e dormire sogni tranquilli. 

Hai bisogno dell’intervento di Google?

A volte può capitare che non si ha la possibilità di cancellare le informazioni direttamente e quindi dobbiamo affidarci a Google. Google ha una serie di Norme precise che tutelano la rimozione volontaria dai risultati di ricerca quindi il motore di ricerca ha la possibilità di eliminare informazioni personali dalle varie pagine web, le informazioni in questione sono:

  • Conti correnti bancari e numeri ad esso associati.
  • Numero di documenti di identità.
  • Informazioni e dati medici personali e riservati.
  • Immagini di firme scritte manualmente. 
  • Immagini di nudo oppure sessualmente esplicite che sono state condivise da una persona senza il consenso del proprietario.
  • Altre informazioni che possono comportare furto d’identità, danni specifici o frode finanziaria. 

Ci sono poi dei dati personali che invece non sono coperti da queste norme e che riguardano:

  • Numero di telefono
  • Indirizzo 
  • Data di nascita
  • Foto poco lusinghiere oppure indesiderate che ritraggono te e la tua abitazione o la tua famiglia
  • Post sui vari social network relativi ad una lesione recente.

Dove sono presenti queste informazioni?

Dopo aver verificato se le informazioni rientrano tra le norme di Google dovrai accertarti se sono presenti sul motore di ricerca, su un sito web o su entrambi. Ecco come puoi comportarti nei vari casi.

Solo su Google

Se le immagini o le informazioni sono mostrate solamente come completamento automatico della Ricerca Google allora dovrai fare una segnalazione. Se invece le informazioni non sono presenti sul sito web ma si mostrano ancora nella Ricerca Google dovrai recarti nella Search Console e presentare una richiesta di eliminazione dell’URL. 

Se si tratta dolo del sito web 

In questo caso Google non può fare assolutamente nulla dovrai contattare direttamente il proprietario del sito web o il web master e chiedere la rimozione delle informazioni.

Se invece sono su entrambi

All’interno della pagina risoluzione dei problemi potrai presentare una richiesta di rimozione. Per ogni caso perciò c’è una soluzione basta applicarla nel modo corretto. Ricapitolando:

eliminare url da Google

rimuovere ricerca Google

eliminare il proprio nome da Google

eliminare url da Google

come esercitare diritto all’oblio Google

diritto all’oblio GDPR

diritto all’oblio Google

richiesta di rimozione di risultati di ricerca ai sensi della legislazione europea

eliminare URL da Google

cancellarsi da Google

eliminare risultati personali da Google

togliere notizie da Google

cancellare articoli da Google

come farsi cancellare da Google

cancellare notizie da Google

come eliminare un sito web da Google

come cancellare articoli di giornale da internet

rimuovere url da ricerca Google

rimozione da Google di informazioni obsolete

diritto all’oblio come fare

deindicizzazione 

deindicizzazione del proprio nome da un motore di ricerca 

deindicizzazione nome motore di ricerca 

diritto all’oblio avvocato 

gdpr diritto alla cancellazione 

gdpr diritto all’oblio 

gdpr cancellazione dati 

diritto alla deindicizzazione gdpr 

come rimuovere un link da Google 

come eliminare da Google il proprio nome 

rimozione notizie di cronaca da Google 

cancellare notizie dai risultati di ricerca Google 

eliminare il proprio nome dalle ricerche Google 

come togliere una notizia da Google 

cancellarsi da Google 

rimuovere ricerca Google 

rimuovere url da ricerca Google 

come eliminare un sito da internet 

eliminare notizie da internet 

come non apparire su Google 

richiesta di rimozione Google ai sensi della legislazione europea 

eliminare il proprio nome da ricerche Google 

eliminare risultati di ricerca Google

https://ec.europa.eu/info/law/law-topic/data-protection/data-protection-eu_it

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La Privacy dei Dati Giuridici nelle Sentenze dei Tribunali Pubblicate Online.

Sentenze dei tribunali: come gestire la privacy?

La privacy di un individuo dovrebbe sempre essere rispettata, ma talvolta, soprattutto quando avviene un fatto di cronaca di interesse pubblico, le sentenze dei tribunali vengono pubblicate online e riportate dalle testate giornalistiche. È il diritto di cronaca o di informazione, fondamentale in una democrazia. Ma anche il diritto all’oblio è altrettanto importante. Qual è il punto di incontro, il bilanciamento tra le due parti?  Ci si può appellare al diritto all’oblio a seguito di una sentenza del tribunale? In taluni casi, è sempre consigliato farsi appoggiare e seguire da una consulenza legale dedicata. La privacy oggi è molto più a rischio rispetto al passato. È possibile l’oscuramento dei dati personali riguardo alla pubblicazione dei dati personali?

Privacy e pubblicazione delle sentenze

Per chi desidera rimuovere dei contenuti dai motori di ricerca, trovati attraverso query specifiche, è possibile compilare il modulo di diritto all’oblio: si può fare da soli, oppure con la tutela legale di un avvocato. La nostra società è ormai inevitabilmente condizionata dal web. L’oscuramento dei dati personali è un tema estremamente attuale. Nel momento in cui una sentenza va online, naturalmente sorgono dei dubbi: quali sono le conseguenze per la reputazione e la web identity di un soggetto? Bisogna capire un assunto importante: i provvedimenti giurisdizionali sono a tutti gli effetti dei documenti pubblici. L’Italia è uno stato democratico, che pone la libertà di pensiero e di cronaca nella propria Costituzione. Il problema è che, prima del web, i documenti erano sì pubblici, ma affissi dopo la procedura giudiziaria. Nessuno poteva vederli se, per esempio, erano pubblicati in un luogo distante. Con il web questo non accade: tutti possono accedervi in qualsiasi momento. Ed è qui che sorge il problema: sentenze 2.0.

Quando interviene il Garante della Privacy?

Il Garante della Privacy interviene nel momento in cui lo interpelliamo: per esempio, quando i motori di ricerca rigettano la richiesta di deindicizzazione di link, rimozione foto o altro. Inoltre, c’è da dire che sul web molte sentenze vengono anonimizzate, in modo tale da non riportare i dati personali degli individui. Proteggere la propria privacy è un diritto e non va mai dimenticato. In accordi con il proprio avvocato, si può certamente richiedere di rendere anonima la propria sentenza poco prima che sia affissa o vada online: è un passo in avanti per un futuro sì tecnologico, ma con un’attenzione speciale verso la privacy.

Data Breach e fuga di dati: cosa dice il GDPR?

Con lo sviluppo delle nuove tecnologie, è sempre più presente la possibilità di poter perdere i propri dati personali. Infatti, queste informazioni, non sono soltanto a rischio nella vita di tutti i giorni, a causa di furti o eventi avversi quali calamità o incidenti, ma sono tutti i giorni esposti a possibili minacce presenti nella rete. Basti pensare ai vari virus e malware che possono attaccare il nostro computer, oppure alla perdita di dispositivi informatici contenenti informazioni personali importanti. A proposito di questo problema appena descritto, è necessario parlare dei Data Breach. Che cosa sono? Si tratta di una violazione dei dati personali, che scaturisce nella loro perdita, distruzione, modifica, accesso o divulgazione pubblica, in modo illecito o accidentale. Proprio per evitare gli enormi rischi che possono essere causati da quanto detto, l’Unione europea presenta un regolamento in merito, nello specifico il numero 2016/679. Questo prende anche il nome di GDPR, ovvero General Data Protection Regulation. Prima di entrare nello specifico e andare a vedere quali sono le caratteristiche di questa fonte vincolante garantita dall’Unione europea, bisogna prima sapere cosa sono in generale i Regolamenti UE. Questi ultimi presentano peculiarità molto simili a quelle delle leggi italiane. Hanno una portata generale e, soprattutto, posseggono la diretta applicabilità. Questo significa che non è necessario un atto dello Stato che ne ordini l’esecuzione nell’ordinamento nazionale, perchè il regolamento si impone per forza propria, la sua applicazione è obbligatoria per tutti gli stati membri. 

Detto ciò, è facile comprendere che tutti i cittadini europei devono sottostare ed usufruire degli stessi provvedimenti che tutelano la fuga di dati personali. Abbiamo citato poco fa il famoso GDPR ed ora, a suo proposito, parleremo dell’articolo 33 contenuto in esso, relativo alla notifica di una violazione dei dati personali all’autorità di controllo. 

Articolo 33: cosa bisogna sapere

La notifica di violazione dei dati personali deve essere presentata all’ente competente entro 72 ore dal momento in cui si è venuti a conoscenza di questa. Se denunciata successivamente al periodo di tempo indicato, è necessaria una valida motivazione del ritardo. All’ente competente devono, inoltre, essere comunicate più informazioni possibili inerenti alla violazione della privacy: la natura di essa, le categorie e il numero approssimativo di interessanti in questione, e anche la possibili conseguenze. 

La notifica deve essere inviata alla mail del garante, qui di seguito indicata: [email protected] per la posta elettronica ordinaria e [email protected] per quella certificata. 

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Il diritto all’oblio è ora attuabile anche senza il nome dell’interessato: è questa la decisione del Garante della privacy in merito all’attuazione del diritto all’oblio, fino a poco fa limitante in alcune sue caratteristiche. A partire dal 2019, però, successivamente ad un precedente scatenato da un professionista la cui reputazione su Google era in pericolo nonostante l’assenza del suo nome nella ricerca, il Garante della privacy ha ristabilito alcune regole, basandosi sul Regolamento Europeo

L’Autorità ha difatti specificato come sia diritto di un utente la cancellazione delle informazioni personali che lo riguardano anche solo se la persona è identificabile sulla base delle informazioni riportate online, a prescindere dalla presenza o meno del suo nome. In altre parole, è quindi possibile invocare il diritto all’oblio anche a partire da dati personali che non siano il nome e cognome ma che comunque identificano in qualche modo la persona interessata su Google.

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Fino a soli due anni fa, infatti, grazie al diritto all’oblio era possibile cancellare notizie personali dal motore di ricerca o da un sito web, solo nel caso in cui comparissero in modo diretto ed inequivocabile il nome ed il cognome del diretto interessato la cui web reputation era in pericolo. Tuttavia, è passato alla storia il procedimento di reclamo di un professionista che, all’inizio del 2019, aveva richiesto inutilmente a Google la rimozione di un contenuto reperibile online: questa notizia, nel caso specifico, ledeva la sua web reputation in modo del tutto inappropriato e non più aggiornato e veritiero, in quanto si trattava di una notizia risalente a 10 anni prima e che riguardava un rinvio a giudizio ormai concluso da tempo con una definitiva sentenza di assoluzione.

L’informazione non aggiornata, però, continuava a rimanere sul web e quindi a ledere la reputazione del diretto interessato, anche quando non si andava a cercare direttamente il suo nome ma semplicemente la sua qualifica, in quanto presidente della cooperativa coinvolta. Si trattava di un danno irreparabile e di un pregiudizio continuo non solo nei confronti della sua persona, ma anche della sua attività professionale che era quindi ormai continuamente pregiudicata da questa vecchia e ormai conclusa sentenza. 

L’utente in questione aveva quindi proceduto inizialmente con una classica richiesta di rimozione della URL a Google, respinta però con la motivazione che fosse inammissibile una richiesta di deindicizzazione per chiavi di ricerca che non includono il nome e il cognome di una persona fisica. 

Al rifiuto della richiesta, perciò, il professionista in questione non ha desistito e si è rivolto direttamente al Garante della Privacy, il quale, differentemente da Google, ha ritenuto fondata la sua richiesta di rimozione. Sulla base del regolamento europeo che definisce dato personale “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile”, infatti, non è ritenuta informazione personale solo quella che identifica in modo diretto, con nome e cognome, una persona fisica, bensì anche le informazioni che la rendono per l’appunto “identificabile”. Riportando la Url in questione la qualifica di presidente di quella determinata cooperativa, quindi, essa rimandava in maniera inequivocabile all’interessato e quindi poteva essere cancellata. Per di più, il pregiudizio subìto dall’interessato non era più controbilanciato da un giustificato diritto di informazione pubblico, poiché si trattava di notizie ormai non più aggiornate e archiviate.

Per questi motivi, il Garante ha quindi ingiunto a Google di rimuovere la Url dai suoi risultati di ricerca e di comunicare entro trenta giorni le iniziative intraprese per attuare le indicazioni dell’Autorità Garante.

Nel caso in cui si trovino quindi delle informazioni che rimandano in maniera inequivocabile alla propria persona, anche non inserendo nella chiave di ricerca il diretto nome e cognome, è bene non procedere in maniera autonoma e rivolgersi piuttosto a dei professionisti del settore che procedano con l’attuazione del diritto alla cancellazione secondo il GDPR. Tra i migliori avvocati in quest’ambito, troviamo sicuramente quelli del team di Cyber Lex, i cui contatti si trovano a questo link e possono rispondere in maniera esaustiva a tutti i vostri dubbi e richieste in merito all’eliminazione delle informazioni personali da Google.

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Diritto all’oblio in caso di condanna: è sempre possibile cancellare notizie da Google?

Nel caso in cui un soggetto fosse stato condannato per un reato penale o civile, è possibile richiedere il diritto all’oblio? Se sì, come funziona? Per approfondire tale aspetto, è necessario capire che non bisogna scontrarsi con il diritto all’informazione o di cronaca,

Se da una parte l’interesse pubblico è sacrosanto, dall’altra anche il diritto all’oblio sul web va ugualmente rispettato. Molto spesso, i provvedimenti del Garante della Privacy o dei motori di ricerca stessi sono decisi in moto tale da rispettare ambedue i diritti. Non facile, certo, ma l’obiettivo finale è di non “scontentare” nessuno.

Richiedere il diritto all’oblio dopo che sono trascorsi anni da una sentenza di condanna è possibile: si invitano i motori di ricerca a deindicizzare dei link, che tuttavia permangono nell’archivio giornalistico del sito in cui sono presenti. Per rimuovere tali informazioni, diventa poi necessario rivolgersi alle autorità competenti. Osserviamo come agisce il Garante della Privacy, soprattutto quando accoglie le richieste di un soggetto e ingiunge i motori di ricerca nel cancellare determinati contenuti.

Provvedimenti del Garante della Privacy

Nel caso del provvedimento del 14 novembre 2019, abbiamo un soggetto che richiede esplicitamente di rimuovere delle notizie in primo piano su Google, riportate su una nota testata giornalistica. Cercando il suo nome, il primo risultato rimandato dal motore di ricerca è proprio la notizia in cui è riportata la sua condanna in primo grado: il procedimento penale, però, era pendente in appello.

La notizia era datata: ma che cosa significa “datata” in ambito giornalistico? Le notizie possono passare in secondo piano? Non c’è una vera e propria data di scadenza, ma dopo un po’ di tempo, si è soliti accogliere le richieste.

Il punto cruciale della questione è che il sistema giudiziario italiano si basa sulla reintegrazione nella società dell’individuo. Di conseguenza, avere una traccia di quanto successo, può comunque influire negativamente su questo aspetto, sulla reputazione.

Può essere utile anche prendere ad esempio il provvedimento del 26 settembre 2019. In questo caso il richiedente ha ricevuto riscontro da Bing, ma non da Google, riguardo la deindicizzazione di alcuni link in cui si riportavano delle notizie sul suo processo penale, avvenuto nel Tribunale di Milano, per i reati di associazione a delinquere e truffa aggravata. Il reclamo è stato accolto dal Garante della Privacy, soprattutto nei confronti di Google, che non aveva accettato la richiesta del diritto all’oblio.

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https://servizilegaliweb.it/diritto-alloblio-costo-70910.html

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SE DEVI CANCELLARE NOTIZIE DA GOOGLE CONTATTA CYBER LEX: [email protected] , telefono: 0639754846

Il diritto all’oblio è il diritto di un utente di richiedere la cancellazione di un contenuto da un sito web o un motore di ricerca in quanto ormai inadeguato, irrilevante, non più rilevante o eccessivo, in difesa e protezione della sua reputazione online. Esso è entrato in vigore a partire dalla sentenza straordinaria del maggio del 2014, in cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che è possibile avvalersi di questo diritto alla cancellazione, anche e soprattutto con i motori di ricerca come Google: è infatti possibile, dal 2014, richiedere ai motori di ricerca di rimuovere determinati risultati che li riguardano e che appaiono nella pagina di ricerca digitando il proprio nome (o informazioni personali che lo rendono identificabile) come chiave di ricerca.

Nonostante non sia sempre facile stabilire il giusto equilibrio tra diritto privato della privacy e diritto pubblico dell’informazione, e nonostante siano presi in considerazione diversi criteri a riguardo, a partire dal 2014 le richieste di rimozione di contenuti rivolte a Google non hanno mai smesso di aumentare: stando al Rapporto di Trasparenza pubblicato da Google stesso, le richieste finora avanzate sono state quasi 4 milioni, per un totale di più di un milione di URL di cui si è richiesta la rimozione. 

Oltre a rendere pubblici il volume di richieste e dei contenuti di cui si effettuano tali richieste, questo Rapporto di Trasparenza di Google fornisce dati molto interessanti anche sui tipi di utente che effettuano tali richieste, sui siti web in cui sono più spesso presenti contenuti di cui si richiede la rimozione, sui tipi di contenuto che più spesso si vogliono cancellare e molti altri dati interessanti, tutti accompagnati da grafici opportunamente dettagliati ed accurati. 

Tra questi, ad esempio, sono forniti interessanti dati sulle categorie di richiedenti: dal seguente grafico vediamo infatti come l’88% delle richieste sia stato effettuato da privati, di cui 30.875 richieste sono state effettuate da minorenni, i quali possono infatti richiedere la rimozione di un contenuto personale anche in prima persona, senza l’intermediazione di un maggiorenne che ne faccia le veci.

Inoltre, vale la pena soffermarsi anche sulle categorie di siti web che ospitano contenuti di cui si richiede la rimozione: vediamo che finora, oltre a siti vari che riguardano circa la metà delle richieste, i siti più frequenti che ospitano notizie personali di cui si richiede la rimozione sono siti di notizie, seguiti inevitabilmente dai social media, conosciuti da tutto il mondo proprio per la loro peculiarità di ricondivisione frequente ed esponenziale delle notizie, spesso anche senza il permesso del diretto interessato. 

Infine, un ultimo aspetto molto interessante presente nel Rapporto di trasparenza di Google riguarda i tipi di contenuti personali di cui si richiede la rimozione: dalle richieste effettuate finora, infatti (in quanto sono escluse le richieste di rimozione degli URL ancora in attesa di revisione o che richiedono altre informazioni per essere elaborate), è evidente come i contenuti di cui più frequentemente si richiede la cancellazione sono le informazioni insufficienti (24,4%), ovvero quelle notizie riportate in maniera parziale e che quindi creano fraintendimenti o danni alla reputazione di una persona fisica o di un’azienda. A seguire, troviamo le informazioni professionali (17,2%), il nome non trovato (17,1%), le autoproduzioni (6,7%), le attività illegali (6,6%), gli illeciti professionali (6,2%), le informazioni personali (5,8%) ed altri tipi di contenuti.

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